Oggi è la domenica della testimonianza. Gesù vuole discepoli che siano testimoni.
Ovvero: non promotori di teorie e sostenitori di idee, ma persone che comunichino un’esperienza che li ha toccati in prima persona.
Chi vuol convincere, discute. Chi testimonia ha un invito da proporre: Vieni e vedi!
Le idee, le chiarificazioni seguiranno poi, logicamente, perché l’uomo ha bisogno anche di capire, di approfondire, di ordinare. Ma alla radice il testimone ha un’esperienza da comunicare. Ma quale esperienza? Quella dell’incontro con Gesù, che rivoluziona la vita.
La prima lettura racconta l’incontro con Gesù, eccezionale, avuto da Saulo nelle vicinanze di Damasco, dove stava recandosi per imprigionare proprio i discepoli di Gesù. Quell’incontro è stato luce accecante, più intensa di quella del sole a mezzogiorno. Dopo quella folgorazione servono anni a Paolo per una revisione generale della propria vita. Paolo arriva a raccontare che l’incontro con Gesù Risorto lo ha cambiato. Anche nel nome, che nella cultura ebraica racchiude in sé il tutto di una persona. Saulo diventato Paolo è cambiato nell’intimo.
Saulo ci direbbe: “Io sono sempre stato dalla parte di Dio, anche quando perseguitavo i discepoli di Gesù. Ma mi copriva la mente un velo oscuro: Dio non è come pensavo, e Gesù m’ha tolto questo velo e me l’ha fatto incontrare. Gesù crocifisso e risorto. Da quel momento non ho fatto altro che lasciarmi conquistare da Lui. Tant’è che posso dire che Cristo rivive in me. E non ho altra ambizione che quella di fare conoscere in Lui crocifisso l’amore di Dio. Dio ha tanto amato il mondo, cioè tutti, da dare il suo Figlio unigenito”.
La testimonianza dell’Apostolo nasce dunque dall’incontro. Come se dicesse a tutti: “Io ho avuto la fortuna di incontrare il Risorto. Ma lo puoi anche tu. È l’esperienza fondamentale della vita!”. Ma è proprio vero che Cristo è risorto? – potremmo chiedergli -. Che significato hanno quella morte e quella risurrezione?
All’esperienza dell’incontro segue l’istruzione. Ne è un esempio il cap. 15 della prima lettera ai Corinti di cui abbiamo letto qualche riga. La testimonianza continua nell’insegnamento e diventa istruzione. La Chiesa esiste per essere testimone. Le letture di oggi, pertanto, interpellano noi Chiesa in maniera chiarissima. Siamo una comunità di testimoni, di gente cioè che ha un’esperienza vitale da comunicare?
Siamo in grado, in secondo luogo, di spiegare a coloro che dovessero accogliere la testimonianza, tutte le ricchezze della fede cristiana? Viviamo in una società che, sempre più frequentemente, rifiuta Gesù e il suo messaggio. C’è sempre meno spazio per il Signore, come per i suoi seguaci. Il nostro compito di battezzati è dare testimonianza, portare e diffondere fedelmente il suo messaggio, perché Lui così ce l’ha consegna-to: esso non appartiene a noi, non ci è stato dato per conservarlo per noi, né per alterarlo o deformarlo. Gesù ci manda lo Spirito di Verità, così che possiamo rendere testimonianza alla verità: “Vi manderò dal Padre lo Spi-rito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza”. Lo Spirito santo fa scattare in noi la scintilla dell’amore per Gesù e ci intro-duce nell’intimità con lui. Lo Spirito Santo butta fuori la comunità dei credenti dalle mura nelle quali è rinchiusa, perché riempia il mondo con la Parola di Dio. Lo Spirito Santo dà il coraggio. In molte regioni del mondo tanti fratelli di fede, anche oggi danno testimonianza rischiando la vita o perdendola. Da noi non si rischia la vita, ma la faccia. Ma non c’è da preoccuparsi: Dio si prende cura dei suoi testimoni: di chi custodisce nel cuore la sua Parola e con generosità la racconta come cosa che lo riguarda e gli ha cambiato la vita. E invita altri a provare… a lasciarsi cambiare.
don Andrea