pregare per vivere, nella Chiesa come discepoli di Gesù
«Propongo di vivere nel prossimo anno pastorale – ma con lo scopo che diventi pratica costante – una particolare attenzione alla preghiera. Non intendo proporre una enciclopedia della preghiera, ma incoraggiare a verificare il modo di pregare delle nostre comunità. Ho l’impressione che sia una pratica troppo trascurata da molti, vissuta talora come inerzia e adempimento, più che come la necessità della vita cristiana. Cioè della vita vissuta in comunione con Gesù, irrinunciabile come l’aria per i polmoni». Così il vescovo Mario introduce la Proposta per l’anno pastorale che è incominciato lo scorso 8 settembre con la festa di Maria Nascente.
Essa si apre con un significativo riferimento al cardinale Carlo Maria Martini, di cui quest’anno ricorre il decimo anniversario della morte, e alla sua prima Lettera pastorale, La dimensione contemplativa della vita, uscita nel 1980. «Questa lettera – scrive il vescovo – è stata sorprendente e provvidenziale e (…) mi sento incoraggiato a offrire alla nostra Chiesa diocesana un invito a ritornare su quell’inizio».
Nel primo capitolo il vescovo riflette su cosa è la spiritualità e la preghiera: «La spiritualità non si riduce a una ricerca di quello che mi fa star bene, ma diventa itinerario, ricerca. Uomini e donne intuiscono che la via per “stare bene” non è quella che conduce a ripiegarsi su di sé, ma quella che porta a un incontro». E ancora: «nel nostro tempo, insieme con la necessità di “una spiritualità” che molti avvertono, sembra di dover registrare anche una diffusa indifferenza, una tranquilla estraneità rispetto ai temi della preghiera e della ricerca di Dio». E avverte: «Nessuno – neppure i preti, neppure i cristiani impegnati, neppure i consacrati e le consacrate – è al riparo dalla tentazione di trascurare la preghiera. I preti devono chiedere alla gente: come pregate? Quando pregate? In che modo posso aiutarvi a pregare? E la gente deve chiedere ai preti: come pregate? Quando pregate? In che modo possiamo aiutarvi a pregare?».
La Proposta approfondisce poi la dimensione della preghiera comunitaria nel corso delle celebrazioni così come l’esperienza della preghiera in famiglia, riscoperta da molti nel corso della pandemia. Le comunità sono oggi
chiamate ad essere «case e scuole di preghiera» perché i credenti possano entrare in relazione con Dio. Un contributo importante può essere fornito anche da persone originarie di altre culture che con «la loro liturgia, la loro teologia, la loro spiritualità e la loro pastorale sono un dono prezioso».
La Lettera suggerisce anche alcune “buone pratiche” per l’accoglienza nelle comunità durante le celebrazioni, con una speciale attenzione ai portatori di disabilità e alla tecnologia che può offrire importanti aiuti, ma non
deve sostituirsi alle funzioni. A proposito della Messa in TV il vescovo dice: «non si può condividere che sia una forma equivalente alla partecipazione in presenza». I capitoli centrali illustrano e sviluppano i tre termini che danno il titolo alla Proposta pastorale: «Kyrie: la professione di fede in forma di invocazione; Alleluia: la gioia della Pasqua in forma di cantico corale; Amen: la professione di fede in forma di obbedienza».
L’Arcivescovo si sofferma poi su due particolari “tipologie” di preghiera: quella per le vocazioni («un modo di leggere la propria persona, la propria storia, alla luce della parola di Gesù, nell’ascolto delle emozioni che lo Spirito suscita in ciascuno») e, con un riferimento esplicito alla situazione in Ucraina, la preghiera per la pace: questa non può ridursi a protesta individuale contro la guerra, ma deve «esprimere la fiducia che Dio opera nel
cuore delle persone e nei rapporti tra i popoli. La preghiera non è mai una delega a Dio perché faccia quello che noi non facciamo. È il tempo in cui il dono dello Spirito ci rende conformi al Figlio e ci fa essere quindi uomini e
donne di pace».
Accogliendo l’invito perentorio del vescovo, quando ci incontreremo non ci domanderemo più solo: “come stai?”, ma anche: “come preghi? Quando preghi? In che modo posso aiutarti a pregare?”. E possiamo con più intensità pregare gli uni per gli altri.
don Andrea