Siamo quasi al termine del tempo pasquale, che si conclude con la festa di Pentecoste: il memoriale del dono dello Spirito Santo alla Chiesa nascente, Colui che negli Atti degli Apostoli – che stiamo sempre leggendo nel tempo di pasqua nella prima lettura della messa domenicale – è il vero protagonista, Colui che guida la Chiesa, la comunità dei credenti.
Verrebbe da dire: “lo Spirito Santo, questo sconosciuto”, pensando ai tanti che ancora oggi non sanno spiegare bene chi sia Spirito Santo e dicono: “Io prego Gesù, la Madonna, i Santi, ma lo Spirito Santo…”, o ti dicono: “Lo Spirito Santo è la colomba, quello che ci dà sette doni”. Ma così lo Spirito Santo è sempre ultimo e non trova un buon posto nella nostra vita.
Il 13 maggio, non quello di settimana scorsa, ma quello del 2013, Papa Francesco – durante l’omelia della messa celebrata nella cappella della Domus Santa Marta, dove abita, – ha centrato la sua riflessione sulla figura dello Spirito Santo, mettendo in evidenza la scarsa conoscenza che ne hanno ancora oggi, molti cristiani.
Il Pontefice ha preso spunto dal racconto dell’incontro di Paolo con alcuni apostoli a Efeso, durante il quale – così come riferito negli Atti degli apostoli (19, 1-8) – alla domanda se avessero ricevuto lo Spirito Santo, essi risposero di non aver mai sentito nemmeno parlare della sua esistenza. Per spiegare l’episodio il Santo Padre ha fatto ricorso, come di consueto, al racconto di un momento della sua esperienza personale: «Ricordo una volta, quando ero parroco alla parrocchia San José, a San Miguel, durante la messa per i bambini, nel giorno di Pentecoste, ho fatto la domanda: “Chi sa chi è lo Spirito Santo?”. E tutti i bambini alzavano la mano. Uno di questi – ha proseguito sorridendo – aveva risposto: “Il paralitico!”. M’ha detto così. Lui aveva sentito “paraclito”, e aveva capito il “paralitico”! È così: lo Spirito Santo sempre è un po’ lo sconosciuto della nostra fede. Gesù dice di Lui, dice agli apostoli: “Vi invierò lo Spirito Santo: Lui ci insegnerà tutte le cose e vi ricorderà tutto quello che ho detto”. Pensiamo a questo: lo Spirito Santo è Dio, ma è Dio attivo in noi, che fa ricordare. Dio che fa svegliare la memoria. Lo Spirito Santo ci aiuta a fare memoria».
Ed «è tanto importante, fare memoria», ha ripetuto il Papa, perché «un cristiano senza memoria non è un vero cristiano: è un uomo o una donna prigioniero del momento, che non ha storia. Ne ha di storia, ma non sa come fare tesoro della sua storia. Lo Spirito Santo ce lo insegna. La memoria che viene dal cuore – ha puntualizzato il Pontefice – è una grazia dello Spirito Santo. E lo è anche la memoria delle nostre miserie, dei nostri peccati, la memoria della nostra schiavitù. Il peccato ci fa schiavi. Ricordare la nostra storia, e come il Signore ci ha salvati, è bello. E questo spingeva Paolo a dire: “Ma la mia gloria sono i miei peccati. Ma non mi vanto di loro: è l’unica gloria che ho. Ma lui, nella sua Croce, mi ha salvato”. La memoria è una grazia grande e «anche la Chiesa ha la sua memoria, la Passione del Signore, quella memoria che toglie i peccati. Io vorrei oggi – diceva in conclusione il Santo Padre – chiedere la grazia di questa memoria per tutti noi, chiedere allo Spirito Santo che ci faccia tutti uomini e donne “memoriosi”».
Nelle parole del papa si coglie come questa “memoria” che lo Spirito Santo suscita nei credenti non è la nostalgia desolata per le “forme” delle tradizioni che non ci sono più, o l’angoscia dolorosa per la nostra “forma” personale fissata nei nostri peccati. E’ infatti una memoria “viva”. E’ come per il nostro corpo: siamo vivi finché continuamente il corpo cambia forma, ma la nostra identità non cambia! La memoria “vivificante” dello Spirito Santo suscita la vivacità delle comunità cristiane per l’oggi, per essere fedeli allo stesso Gesù di sempre, e aderenti all’oggi della storia. Ci uniamo alla preghiera del papa, perché, nel cammino sinodale che ci accingiamo a compiere, ci riscopriamo credenti “memoriosi”.
don Andrea