Nel Vangelo di questa seconda domenica di Pasqua Gesù risorto si presenta ai discepoli e all’incredulo Tommaso mostrando le ferite dei chiodi nelle mani e nei piedi e la ferita del costato.
Davvero l’uomo che è stato visto appeso alla croce e chiuso morto nel sepolcro è il Risorto.
“Mio Signore e mio Dio”, esclama Tommaso, lui che non avrebbe creduto se non dopo aver messo il suo dito nelle ferite dei chiodi. Con buona pace del Caravaggio, il quale, nel ritrarre questa scena, dipinge Tommaso con un dito indagatore al pari di quello dei medici o degli uomini di scienza, spinto fin dentro alla ferita del costato di Cristo; lui, Tommaso, il dito non ce l’ha messo, a quanto attesta il Vangelo!
Ciò che credo sia stato convincente per lui e per gli altri è il gesto di Gesù di mostrare le ferite, e quell’invito dolce e risoluto: “Pace a voi!” ripetuto.
Due gesti inediti, che dicono che l’esistenza non è stata rinnovata solo dalla morte in là, ma anche dalla morte in qua. Chi mai mostra volentieri le ferite di un fallimento? E agli occhi degli uomini Cristo ha fallito.
E chi mai, mostrandole, non le presenta accompagnate da un severo rimprovero? “Guardate cosa mi avete fatto! Con i vostri tradimenti, il vostro abbandonarmi, i rinnegamenti, l’incomprensione, l’infedeltà, la vostra mancanza di amore…”.
Così ci si aspetterebbe reagisse Gesù. Proprio come facciamo noi, che se non nascondiamo con vergogna le feri-te, le mostriamo con rabbia e delusione per rimproverare chi ci ha ferito. E invece Lui, il Risorto, no. Lui mostra le ferite come un trofeo, e con voce calma e piena dell’amore di Dio dice: “Pace a voi!”. E lo ripete!
E, alitando, dona lo Spirito Santo: l’amore di Dio per essere perdonati e per ricevere il potere di perdonare.
E così le ferite diventano feritoie: la persona di Gesù diventa il passaggio, la porta, per arrivare al Padre, per ricevere l’amore del Padre, per passare dalla vita vecchia segnata dal male, alla vita nuova dei Figli di Dio.
Una vita nuova che non riguarda soltanto ciò che sta al di là della morte, ma che si può vedere e toccare già in questa vita, in quanti scelgono di abbandonare la logica del mondo che mette sul podio il più forte (colui che ha eliminato tutti gli altri concorrenti), per incarnare la logica di Cristo, che si fa piccolo perché nessuno più piccolo sia dimenticato dopo di lui; e che si fa prossimo, perché nessuno che si è allontanato, possa dirsi irrimediabilmente perduto.
don Andrea