In un testo come quello del vangelo che si legge nelle liturgie di questa domenica, pieno di rimandi e significati, tra le varie possibilità di lettura scegliamo l’approccio sponsale, di Gesù come vero sposo, proprio come lo presenta Giovanni Battista subito, all’inizio del Vangelo di Giovanni.
Si dice che Gesù “doveva” passare per la Samaria: perché? Là certamente c’è il pozzo di Giacobbe, Sichem, in aramaico Sicar; là c’è la tomba di Giuseppe, il figlio più amato. Ma la strada per Gerusalemme non passava necessariamente di là, perché poteva attraversare, invece, la valle del Giordano. Il “doveva” rimanda perciò, piuttosto, a un suo progetto, a una intenzione precisa. E lo stesso è per la donna che va a prendere l’acqua a un’ora improbabile e in un posto che la costringe a superare altri due pozzi, peraltro famosissimi e ancora esistenti, dove avrebbe potuto attingere con più facilità.
In tutto ciò, l’evangelista ci fa vedere che quello che doveva succedere era esattamente l’incontro tra il vero Sposo e la sua Sposa. Cristo è stanco, è assetato e ci ricorda Mosè al quale il popolo chiede da bere (Es 17,2). Adesso è Dio a essere “stanco”, stanco delle idolatrie dell’uomo, delle sue fissazioni, del suo arrangiarsi. Non ce la fa più e chiede ospitalità, accoglienza. E allora vediamo proprio ciò che constata Giovanni all’inizio del suo vangelo quando narra dell’Incarnazione del Verbo, del Figlio di Dio: “È venuto tra i suoi e i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11).
Gesù al pozzo di Giacobbe chiede accoglienza a una samaritana, appartenente perciò a un popolo disprezzato, totalmente rifiutato dal Regno di Giuda, che sta rifiutando anche Gesù. Dio non ce la fa più senza l’uomo: l’uomo si crea i suoi dei, ma Dio si rivolge agli erranti, ai peccatori, ai rifiutati, agli adulteri, ai samaritani… Dio ama l’umanità così come è: adultera, rifiutata; Dio Padre si manifesta con questo amore. Perciò Gesù sta lì.
Quando Gesù dice alla donna di tornare con il suo sposo lei deve ammettere di non averlo. E Gesù le conferma di sapere bene che ha avuto cinque amanti ma non ha uno sposo. Lo Sposo sta lì, ora, davanti a lei. E questo non ci rimanda a un giudizio morale su questa donna, ma, piuttosto a quel passaggio del Secondo libro dei Re (2Re 17,24ss) dove si legge che gli Israeliti si sono messi ad adorare le divinità di cinque popoli e che il re di Assiria ha mandato ad occupare le città di Samaria. Ecco il significato di aver avuto cinque amanti: è il popolo che si è prostituito, ha tradito Dio cinque volte con cinque diversi dei. È infedele.
Continuamente anche nel nostro cuore accade che qualcosa sostituisce il Dio vero, qualche cosa diventa più importante di Dio. E spesso non per una esplicita volontà, ma semplicemente non ci si accorge quando si diventa simili agli altri, perché è la condivisione del vissuto che opera questo scambio. Il lavoro, i viaggi, le cose che si leggono, che si ascoltano, tutto è fatto come lo fa il mondo e non ci si accorge di quanto Dio non è più al primo posto nella nostra vita di credenti. Ad un tratto la fede diventa una cosa decorativa: non è più il perno portante nella vita. Ad un tratto cominciamo a pensare in modo idolatra, pensiamo cioè che qualche altra cosa è più importante, qualche altro amore è al primo posto.
Ma il fatto è che per sedurle il cuore, Gesù non teme di dover sgomitare tra decine di amanti: si fa spazio a poco a poco nel cuore di lei, ha scritto Agostino d’Ippona. In Gesù Dio Padre non si stanca di cercarci.
Noi, nel nostro vagare per la vita in cerca di qualcosa che ci disseti, in verità cerchiamo lo Sposo. Noi cerchiamo l’altro del nostro amore. E Dio non tarda mai al pozzo: è già lì ad aspettare. Anche Lui sta lì assetato. Così come sarà assetato sulla Croce: assetato del desiderio di riportare l’uomo al Padre; arso dalla sete che la sposa infedele possa di nuovo gustare e appagarsi dell’amore misericordioso di Dio Padre.
don Andrea