Quando lo scorso anno Papa Francesco ha istituito questa giornata, ne indicava anche la finalità: «Il giorno dedicato alla Bibbia vuole essere non “una volta all’anno”, ma una volta per tutto l’anno, perché abbiamo urgente necessità di diventare familiari e intimi della Sacra Scrittura e del Risorto, che non cessa di spezzare la Parola e il Pane nella comunità dei credenti».
Tra tutti gli esseri viventi, l’uomo è l’unico ad aver ricevuto il dono della parola. Quel soffio che Dio ha immesso nell’uomo al momento della sua creazione non è il dono del respiro, ma della parola: l’uomo è creato capa-ce di dialogare con Dio. L’esperienza della preghiera, per quelli che ancora la vivono, è vissuta come una esperienza dove a parlare con Dio è l’uomo: per chiedere, per ringraziare, per supplicare… meno come occasione per porsi in silenzio davanti a Dio, disponibile ad ascoltare Lui che parla. E questo è un dramma per i credenti e per la Chiesa intera. Non solo non si co-nosce più la Parola di Dio, ma non si crede più che Dio ci possa parlare.
Se il fondamento di tutta la Bibbia è il fatto che Dio parla, l’uomo secondo la Bibbia entra nella relazione con Dio mediante l’ascolto. Egli cammina alla luce della fede, non della visione (2 Cor 5,7), ed è proprio nell’ascolto che può avvenire il suo incontro con Dio. L’ascolto è costitutivo di Israele come popolo di Dio: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno” (Dt 6,4); “Ascoltate la mia voce, eseguite tutto ciò che vi ho comandato, allora voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio” (Ger 11,6). La storia di Dio con l’umanità è la storia del suo parlare che trova il suo ver-tice in Gesù, Parola definitiva di Dio all’umanità, ovvero Parola che dice tutto, che comunica pienamente la volontà di Dio verso gli uomini: “Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in molti modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1-2). Affermare che Gesù è la Parola di Dio, signifi-ca credere che tutto ciò che noi possiamo sapere e dire su Dio si trova in Gesù: “Dio, nessuno l’ha mai visto, ma il Figlio unigenito lo ha raccontato” (Gv 1,18). E ancora: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14,6).
L’uomo, dunque, è invitato a rispondere alla Parola entrando nel dialogo iniziato da Dio. La missione della Chiesa, di conseguenza, consiste nel farsi eco di tale Parola affinché ogni uomo, ogni donna possa ascoltarla come rivolta a sé, come Parola salvifica, e lasciarsi illuminare da essa. Così va in-teso il mandato con cui Gesù invia i discepoli in missione, chiedendo loro di far discepole tutte le genti (Mt 28,19-20): si tratta di annunciare la parola di Dio incarnata in Gesù, perché essa generi il credente alla relazione con Dio Padre, per mezzo del Figlio, nella forza dello Spirito santo.
Ma cosa succede quando la Chiesa e i credenti, al posto di ascoltare la Parola di Dio, ascoltano parole di uomini? Quale diventa il contenuto del loro annuncio e della loro testimonianza? Quante riunioni parrocchiali e quante scelte per la vita della comunità si fanno basandosi sulle parole di uomini – le nostre – perché prima non ci si mette in ascolto della Parola di Dio! Ho mai letto un vangelo dall’inizio alla fine? Ho mai scelto qualcosa di importante per la mia vita a partire da una parola di Dio?
La Parola di Dio trova la sua manifestazione nel dialogo: proprio ciò che non avviene tra Caino e Abele: e la conseguenza è l’omicidio (Gen 4,1-16). La parola posta tra Dio e l’uomo, tra l’uomo e l’uomo, è il luogo del dialogo. Gesù, come parola posta tra Dio e l’umanità, è il luogo del dialogo e dell’incontro tra Dio e gli uomini. “La Chiesa è la comunione sempre rinnovata di uomini e donne che ascoltano e testimoniano la parola di Dio” – ha affermato il teologo Karl Barth. In quanto comunione, essa è immagine dell’umanità riconciliata e profezia del Regno. In tal modo la Chiesa non si limita a compiere il suo servizio di annunciatrice della parola di Dio, ma diviene lei stessa memoria vivente della Parola. Per questo occorre mettere a tacere le voci di tante parole che ascoltiamo e su cui fondiamo le nostre vite, per lasciare spazio al silenzio dell’ascolto della Parola di Dio. Non una volta all’anno, ma per tutto l’anno.
don Andrea