La novena di quest’anno, vissuta con i ragazzi, alcuni nonni e alcune famiglie a Vestreno e a Dervio, si intitola “Ad occhi aperti”. Abbiamo scoperto che il presepe ha gli occhi! Sì, gli occhi dei personaggi che raffigurano le persone che nella Notte santa hanno ricevuto l’annuncio e sono andate alla mangiatoia a vedere il Figlio di Dio fatto uomo, e si sono lasciati guardare da quegli occhi così pieni dell’amore di Dio Padre. Tutti… tranne uno.
Tra i personaggi del presepe ce n’è uno, l’unico che non è andato di persona da Gesù, ma ha mandato altri. Si tratta, l’avrete già capito, di Re Erode. E noi sappiamo quali e quante scelleratezze ha compiuto Erode, che invece di prendersi cura del suo popolo, nel tentativo di salvare se stesso è diventato perfino omicida.
Come sarebbe stata la sua vita, se si fosse lasciato guardare da Gesù? E quella dei suoi sudditi? Sappiamo anche che gli altri, quelli che invece hanno accolto l’invito, e ad occhi aperti hanno guardato a Gesù e si sono lasciati guardare, sono diventati testimoni dell’amore con cui Dio Padre guarda ai suoi figli, e hanno incominciato a guardare con occhi nuovi a se stessi, agli altri, alla vita e al mondo.
Quasi cento anni dopo l’apostolo Giovanni, quello che forse prima di tutti gli altri apostoli ha compreso l’amore di Dio per gli uomini; quello che all’ultima cena più di tutti gli altri ha osato con Gesù e ha posato il suo capo sul cuore di Lui, nelle sue lettere ci ha parlato dell’Amore di Dio. E nel passaggio che dà il titolo a questa riflessione, e che viene proclamato questa domenica, ci dice chiaramente che l’Amore di Dio Padre, visto, toccato e udito, non è da trattenere, ma da condividere.
Dopo aver guardato agli occhi del presepe, agli occhi di coloro che hanno visto e raccontato l’Amore di Dio per l’uomo, siamo giunti al giorno di Natale e abbiamo raccolto l’invito a guardare con i nostri occhi l’Amore di Dio per noi, incarnato nel Bambino Gesù. Chi si lascia guardare dagli occhi di Gesù pieni di questo Amore, incomincia a guardare in modo nuovo. Non può più, come Erode, guardare solo a se stesso, non può più chiudere gli occhi sul male, sulle povertà e sulle ingiustizie del mondo, nel tentativo di salvare se stesso. Non può più: perché diventa testimone dell’Amore.
Se la pandemia continua a tenerci chiusi in casa, se la cultura e la mentalità di questo mondo continuano con insistenza a chiuderci in noi stessi, quanti tra noi sono credenti, pur da dietro le mascherine che nascondono la maggior parte del nostro volto, rimangono “ad occhi aperti” per annunciare il Vangelo della Carità. E’ il Vangelo dell’Amore di Dio che ci spinge a farci prossimi per rendere migliore questo mondo, per renderlo più giusto; che ci spinge a farci prossimi alla vita degli uomini e delle donne che riconoscono come fratelli e sorelle in Cristo, per camminare insieme in questa vita, verso la Casa del Padre di tutti.
Durante la tradizionale benedizione urbi et orbi del giorno di Natale, insolitamente impartita non dal loggione di piazza san Pietro, i commentatori dei tg hanno ricordato quell’altra volta della piazza vuota, con il papa da solo, che diceva: “siamo tutti sulla stessa barca”. Nel Natale di Gesù riconosciamo che Dio si è incarnato per essere con noi sulla barca della vita, anche nelle tempeste che spesso la agitano. “Siamo tutti sulla stessa bar-ca”. E nel Natale, con sorpresa esclamiamo: “E Tu sei qui con noi!”.
L’avvento di carità è terminato. Termina, per ora, la raccolta viveri. Stupiti e grati per la generosa risposta di tanti e della collaborazione di molti esercenti, ricolmi della gioia del Natale di Gesù, desideriamo continuare ad annunciare l’amore di Dio agli uomini con la preghiera e con la carità, tornando nella vita quotidiana segnata dalla pandemia, con sguardo nuovo e occhi sempre aperti.
don Andrea